La prima collezione
Giuseppe Ricci Oddi acquista i primi due quadri, un Filippini e un Previati, nel 1898 ma poi, distratto dalle molteplici passioni sportive, dimentica la nascente raccolta fino al 1902, quando acquista “Ritorno dal pascolo” di Mosè Bianchi e “Pecore alla sorgente” di Stefano Bruzzi.
Negli anni successivi diviene suo consigliere Carlo Pennaroli, un contabile appassionato d’arte ed egli stesso pittore dilettante. I due piacentini visitano la Biennale di Venezia nel 1909 e nel 1910 e gli studi di vari artisti, tra cui quello di Giorgio Belloni a Milano, di Giuseppe Sacheri a Bogliasco (Genova), di Francesco Paolo Michetti a Francavilla a Mare (Chieti), di Giuseppe Casciaro a Napoli, di Giulio Aristide Sartorio e di Cesare Maccari a Roma.


A partire dal 1911, il suo bisogno di procedere nelle acquisizioni diventa inarrestabile e gli acquisti si susseguono a ritmo molto serrato. Nel frattempo, Ricci Oddi conosce il mercante milanese Giovanni Torelli, che nel 1913 gli cede in un sol colpo cinque quadri di Mancini, artista prediletto da Ricci Oddi, e gli fa acquistare la prima opera di Fontanesi, in netto anticipo sulla critica contemporanea che considerava ancora poco l’artista reggiano, e a cui sarà dedicata un’intera sala nella futura galleria.
Gli acquisti non si arrestano neppure negli anni della guerra, anche se, ovviamente, si diradano; anzi, si giovano di una certa diminuzione dei prezzi, sebbene nel 1916 Ricci Oddi paghi il “Morticino” di Michetti ben 8000 lire.
Negli anni successivi le acquisizioni si volgono soprattutto verso due generi di arte figurativa: il paesaggio, tipico del collezionismo privato poiché ben si presta all’arredamento degli appartamenti, e la ritrattistica, di cui Ricci Oddi preferisce le opere degli scapigliati e dei divisionisti, lontane dal ritratto encomiastico e di parata, consuetudine romantica. Così entrano nella collezione opere importanti, come quelle di Pellizza da Volpedo, Previati, Segantini, Ravier, Zandomeneghi, Bocchi e tanti altri.


Giuseppe Ricci Oddi, come risulta dagli appunti raccolti nel suo diario, vive la sua collezione di opere d’arte, in quegli anni ancora ospitata nel suo appartamento sito in via Poggiali 24, in una prospettiva intima e gelosa, ed infatti non permette a tutti di vederla. Quindi risulta ancora più sorprendente il fatto che egli concepisce molto presto il progetto di donarla alla città, perché risultasse utile non solo agli appassionati e agli artisti, ma anche alla “massa di visitatori” come museo d’arte moderna , tanto che già dal 1913 lo troviamo alla ricerca di uno stabile adatto a contenere la raccolta.
Dopo la donazione della raccolta alla città (1924) e l’inizio dei lavori per la costruzione della Galleria, gli acquisti diventano sempre più mirati a colmare le lacune della raccolta in vista della sua pubblica esposizione e, fino all’inaugurazione ufficiale dell’11 ottobre del 1931, entrano nella collezione molte opere significative, come ”Ritratto di signora” di Klimt, “Ritratto di signora” di Boldini, l’“Ecce puer” di Medardo Rosso.
La raccolta è caratterizzata da una straordinaria omogeneità, basata sulla riconosciuta superiorità dell’arte figurativa, sull’importanza data alla perizia tecnica, al soggetto e alla sua carica evocativa. Inoltre, la collezione comprende solo opere databili tra il 1830 e il 1930, esclude le arti cosiddette minori e si sforza di mantenere un equilibrio tra le varie regioni del nostro Paese, considerando gli autori stranieri per il loro riflesso sugli italiani.